«Ho sempre pensato che il fine dell’arte fosse cambiare la vita. Ma oggi l’importante, mi sembra, è cambiare ciò che ci circonda a ogni livello dei rapporti umani. C’è chi pensa che la vita debba essere copiata. Altri sanno che va inventata. Rimbaud non si cita, si vive» Palazzo Grassi presenta la prima retrospettiva di Martial Raysse (Golfe Juan, 1936) al di fuori dei confini francesi e lo fa con una mostra imponente che riunisce oltre 350 opere dell’artista tra dipinti, sculture, video e installazioni (di queste oltre 250, precisa la curatrice Caroline Bourgeois, non esposte nella recente retrospettiva al Centre Pompidou).
La mostra si svincola dal cronologico per proporre una visione a ritroso della vicenda dell’artista: 2015 – 1958. L’intento però non è semplicemente quello di riavvolgere il filo del tempo ma piuttosto mettere a confronto epoche diverse in grado di offrire insolite prospettive. Questa scelta evidenzia la profonda continuità dell’attività di Raysse che si sviluppa da cinquant’anni intorno agli stessi temi: il ruolo dell’artista, il lavoro della pittura, il rapporto con la storia dell’arte e la politica. “Raysse – scrive Caroline Bourgeois nel testo in catalogo – fa parte di quel ristretto novero di artisti per i quali la vera posta in gioco è il confronto con la “grande” storia dell’arte, e questo fin dall’inizio del suo percorso”. Così la mostra permette di scoprire la sua importante produzione pittorica, dai coloratissimi ritratti di donne eseguiti nel periodo pop, alle recenti e imponenti tele ispirate ai grandi maestri del passato, il tutto mescolando provocazione e malizia, trasgressione e fragilità. Nel percorso, le più disparate ambientazioni: spiagge, mare, delfini e papere unite a splendide icone femminili, fluorescenti e seducenti. Al di là delle etichette, l’artista sembra interessato a guidare le persone a intraprendere un percorso di coscienza tanto individuale quanto collettiva. Ad esempio, nell’immensa tela Ici plage la spensieratezza scompare per far spazio alla “preoccupazione”, come traspare dai toni più cupi e dalla folta schiera di persone ammassate davanti al suo cinico obiettivo, che ne restituisce una visione spietata, in linea con “La società dello spettacolo” di Debord. Le opere più recenti dell’artista, inoltre, consentono di dare nuova luce a quelle sue più giovani, esprimendo una radicalità profonda e provocando un forte cortocircuito visivo. Raysse infatti propone uno sguardo inedito sul mondo, ovvero quell’”igiene della visione” sviluppata a partire agli anni sessanta, nella quale ci insegna– come sostiene egli stesso – che “essere moderni significa prima di tutto vederci più chiaro”. E per questo che Martial Raysse nelle vesti di pittore, scultore, disegnatore, ma anche poeta e cineasta, si conferma una delle personalità più interessanti e rivoluzionarie, la cui opera attraversa metà del XX secolo e continua ancora oggi a evidenziare il costante andirivieni dell’artista tra i propri lavori. Martial Raysse. Installation view at Palazzo Grassi 2015. ph: © Fulvio Orsenigo. © Martial Raysse by SIAE 2015 Martial Raysse. Installation view at Palazzo Grassi 2015. ph: © Fulvio Orsenigo. © Martial Raysse by SIAE 2015
Martial Raysse, Le cinéma de l’autre côté du miroir (1972)
Martial Raysse, Raysse Beach, 1962. Centre Pompidou, Parigi, veduta della mostra a Palazzo Grassi, Venezia 2015 – photo © Fulvio Orsenigo © Martial Raysse by SIAE 2015
Martial Raysse, Beauté, 2008. Private collection © Martial Raysse by SIAE 2015
Martial Raysse, “Un théâtre ad vitam”, 2009. Courtesy kamel mennour, Paris. Installation view at Palazzo Grassi 2015. ph: © Fulvio Orsenigo. © Martial Raysse by SIAE 2015
Martial Raysse, Installation view at Palazzo Grassi 2015. ph: © Fulvio Orsenigo. © Martial Raysse by SIAE 2015